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Se hai perso un familiare o una persona molto cara, stai attraversando una delle esperienze più dolorose che noi esseri umani possiamo subire; probabilmente ti sembra di essere di fronte ad un evento spartiacque nella tua vita e pensi che niente sarà più come prima.

Il nostro cervello funziona così: è cablato per permetterci di costruire legami significativi, in grado di donarci benessere e stabilità emotiva e per farci provare un bruciante dolore quando questi legami si interrompono. Se stai provando un’intensa sofferenza per la perdita di una persona cara, sei in lutto.

Il lutto non è una problematica psicologica ma esistenziale e attraversa delle fasi che portano ad un graduale e sofferto adattamento alla situazione nuova. Ti sembra impossibile ma è una cosa che avverrà. Non è mia intenzione fare qui un trattato sulle fasi del lutto. Te ne parlo solo perché penso che conoscere i comportamenti/pensieri ed emozioni tipiche, possa aiutarti a dare senso a quello che stai facendo/pensando, provando e perché so che può dare un senso calma. Almeno un po’.

Di seguito ti descrivo la maggior parte delle reazioni comuni. Se non vuoi leggerle tutte, puoi leggere quelle nelle quali ti riconosci di più.

Incredulità: Non ti sembra che possa essere vero. Il pensiero prevalente è che ci sia un errore e che non è realmente successo.

Lo stordimento si manifesta come la sensazione di mancanza di sentimenti. Se ti senti stordito, probabilmente hai da poco appreso la notizia. Sappi che attraverso lo stordimento, il tuo organismo si sta proteggendo dall’essere sopraffatto dalle emozioni. E’ una reazione normale.

La tristezza è il sentimento più comune ma non è detto che tu lo esprima attraverso il pianto. Non siamo tutti uguali.

Collera, spesso legata alla frustrazione di non aver potuto evitare la morte.

Senso di colpa e auto-rimprovero. Ti potresti rimproverare di non essere stato abbastanza gentile negli ultimi scambi avuti, di non aver portato tempestivamente la persona cara dal medico, di aver sottovalutato un segnale. Non solo. Ti potresti sentire in colpa per il solo fatto di essere ancora vivo o, ancora, perché la morte della persona cara ti ha dato sollievo. Provi sollievo e pensi di essere una brutta persona per questo. Non è così. Ti può essere utile sapere che il sollievo è praticamente universale quando si è visto qualcuno soffrire molto. In questo caso, la morte non rappresenta solo una perdita ma anche la fine della sofferenza di chi non c’è più e del senso di impotenza provato nel caso in cui la persona cara sia morta a causa di una malattia che l’ha fatta soffrire tanto.

Talvolta, il senso di colpa nel lutto può essere legato a vere colpe, piccole o grandi che siano, di cui ci si è macchiati nei confronti della persona amata, colpe frutto della dinamica relazionale costruita insieme negli anni. Se questo è ciò di cui ti rimproveri sappi che, nel tempo, imparerai a perdonarti ma se non riesci a farlo, puoi chiedere una mano a un professionista.

L’Ansia è anche molto comune. Può essere legata sia alla paura di non essere in grado di prendersi cura di sé, sia all’aver toccato con mano che qualcosa di brutto può accadere inaspettatamente. E’ come se un senso di allarme si infilasse sotto pelle, minando quel senso di sicurezza che abbiamo sempre dato per scontato.

Le fasi acute del lutto sono accompagnate anche da specifiche sensazioni fisiche. Te ne cito alcune: senso di vuoto allo stomaco, difficoltà a respirare, debolezza muscolare, bocca secca, sensazione di apnea. Alcune persone si preoccupano e si rivolgono al medico a seguito di questi sintomi.

Allucinazioni: ti sembra di averlo/a visto o di aver sentito la sua voce. Non ti spaventare. Sappi che è una esperienza frequente nel periodo immediatamente successivo la perdita.

Astenia/apatia: se hai perso l’interesse per le varie attività che prima ti davano piacere, penso ti sia utile sapere che anche questo è normale. Sei emotivamente concentrato sulla perdita e va da sé che sia difficile per te trarre piacere da qualcosa. Si tratta di una condizione che non dura per sempre ovviamente ma per il momento è così. Puoi solo prenderne atto e accettarlo.

Insonnia: è molto comune dopo una perdita. E’ normale che tutto ciò che è stato descritto accada, anche in parte. Molte persone riescono ad affrontare e elaborare il processo di lutto, tuttavia in alcuni casi può essere molto utile accompagnare il processo di lutto con delle sedute di psicoterapia mirate.

I sentimenti tipici vissuti dagli individui in lutto e trattati in psicoterapia includono tristezza, ansia, rabbia, solitudine, senso di colpa, isolamento o confusione, sentimenti di disorganizzazione e stanchezza, problemi di concentrazione, problemi di sonno, cambiamenti di appetito, incubi o immagini intrusive e disturbanti della persona cara.

 

Perché l’aiuto di un professionista può essere importante?

E’ normale che le persone soffrano di un enorme senso di vuoto, dolore e confusione dopo la morte di una persona cara. Tuttavia, quando queste reazioni negative durano a lungo, possono diventare disfunzionali e ostacolare un buon adattamento fondamentale per una qualità di vita accettabile.

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È davvero giustificata l’enfasi con cui si sottolinea l’effettivo aumento della depressione negli indici epidemiologici?

Il termine depressione ha molti significati. 
La depressione, intesa come umore o stato emotivo, fa parte della normale esperienza umana. La distinzione tra umore depresso e depressione clinica, però, non è sempre chiara. Solo una ristretta minoranza di persone presenta sintomi depressivi tali da corrispondere ad un disturbo clinico, molto più numerose sono le persone che fanno esperienza di uno stato d’umore depressivo.
Circa il 40% della popolazione riferisce di aver provato nel corso della propria vita sentimenti di depressone, delusione e infelicità.

Ciascuno di noi aspira a vivere la propria vita con gioia e gratificazione, realizzando non solo il benessere fisico ma soprattutto quello interiore. Tuttavia, la nostra esistenza è segnata da momenti di dolore e questo è inevitabile.
La vita comporta delusioni, fatiche, perdite.
A molti di noi è capitato di perdere una persona cara, di concludere una storia d’amore, di perdere il proprio lavoro o uno status sociale: sono tutti eventi che segnano una crisi nel nostro equilibrio interiore e mettono in discussione i nostri valori.

C’è bisogno di tempo per assimilare le perdite e i grandi cambiamenti: i movimenti psichici richiedono gradualità e una certa lentezza.

Quando parliamo di depressione clinica ci riferiamo a sentimenti di mortificazione, inadeguatezza, fallimento, disperazione, colpa che perdurano nel tempo e che nel tempo possono offuscare il piacere della vita.
Chi soffre di depressione presenta un abbassamento nel tono dell’umore e una riduzione delle spinte vitali. Vengono meno la fiducia nelle proprie risorse e la speranza nel futuro. Attività quotidiane che un tempo erano naturali e fonte di piacere, come accudire i figli, investire nei rapporti sociali, lavorare, fare sport, possono diventare talvolta impossibili.
Il mondo sbiadisce e insieme la voglia di parteciparvi. Tutto sembra rallentare: il proprio corpo, lo scorrere dei pensieri e delle parole, il tempo vissuto.

Tutto questo genera inquietudini e vissuti di ansietà che non danno pace.
Altre volte, la sofferenza può mascherarsi in un corpo “sofferente”, compaiono quindi dolori diffusi, mancanza di appetito, disturbi del sonno, cefalee o preoccupazioni consistenti rispetto alla salute fisica.
La depressione clinica è quindi caratterizzata da una significativa accentuazione nell’intensità, pervasività e durata di emozioni e sentimenti altrimenti normali nella vita di ognuno di ciascuno di noi (“mi sento giù“, “oggi ho un umore nero“, “mi sento afflitto edeluso“).

Credo di essere depresso, cosa devo fare?

Tanti sono i fattori che possono dare origine a questa forma di sofferenza. È importante innanzitutto riconoscere la depressione come una patologia.

I farmaci per quanto efficaci su molti sintomi depressivi, non sono risolutivi, in quanto non agiscono sui fattori profondi che portano una persona a ripiegare nella depressione.
Questi aspetti inconsci sono meglio affrontabili con un percorso di psicoterapia. Quest’ultima in particolare può offrire uno spazio di accoglienza e riconoscimento dei propri vissuti, che sostiene la persona in un percorso di conoscenza di sé volto a mettere in parola quel dolore tanto ingombrante e per riaccendere quella scintilla di vita che sembra momentaneamente perduta.

Pubblicato in Depressione

Nella società odierna l’ansia fa ampiamente parte della vita quotidiana di ognuno di noi.
Viviamo in un mondo in cui i cambiamenti si susseguono rapidi, ogni giorno si scoprono nuovi rischi, pericoli, malattie, ogni giorno si sente parlare di “crisi”: nell'economia, nei valori di riferimento, crisi che investe la famiglia e le nuove generazioni, crisi nella rappresentazione del futuro. Insomma, molto più che in passato, il clima sociale sembra alimentare una certa quota di ansietà.
Tuttavia, ciò non basta per spiegare come mai ci può capitare di vivere periodi della nostra vita in uno stato di forte ansia.

Le nostre emozioni, infatti, rispondono sempre a logiche soggettive e spesso hanno radici profonde nella psiche e nella storia di ognuno di noi. Ansia ed inquietudine, in particolar modo, sono emozioni che possono aumentare sotto il peso dei conflitti e degli eventi dolorosi della propria vita.
Chi soffre d’ansia può avere difficoltà ad addormentarsi, si sveglia nel corso della notte e al mattino si alza con una sensazione di spossatezza.
Così, una forte ansia può diventare estenuante, tanto da generare sintomi tipici dello sfinimento, quali: tensione, infelicità, inattività, cefalea, dolori agli arti o alla schiena, tensione muscolare, tachicardia.

Il disturbo più costante e spiacevole spesso concerne proprio il sonno. Tutti questi sintomi possono naturalmente essere mutevoli e possono alternarsi a momenti di maggior benessere e ottimismo.
È importante, allora, saper distinguere tra l’ansia “normale” e l’ansia “patologica”.

Ansia "normale"

L’ansia “normale” è transitoria e proporzionata agli eventi, non incide sulla salute fisica e mentale, permette anzi un miglior adattamento, in quanto informa l’individuo sui pericoli a cui potrebbe andare incontro e lo indirizza nella ricerca di soluzioni adeguate al contesto. L’ansia “normale” è costruttiva: è una fonte di curiosità, intelligenza, apertura al mondo, provoca uno stato di tensione psicologica che aiuta la persona ad attivare risorse e capacità operative finalizzate alla risoluzione di un problema.
Nei casi in cui l’individuo non riesce a trovare soluzioni adattive per fronteggiare situazioni sconosciute o potenzialmente pericolose, l’ansia può perdere le sue caratteristiche funzionali ed assumere un carattere patologico, determinando vissuti di impotenza e di passività nel controllo delle proprie emozioni.

Dunque, un criterio differenziale tra la “normale” reazione ansiosa e l’ansia “patologica” è rappresentato dal fatto che la prima amplifica le capacità operative del soggetto, mentre la seconda le disturba inibendole e influendo negativamente sulle prestazioni.

 Ansia "patologica"

L’ansia “patologica” costituisce spesso un freno: paralizza, blocca, fa sentire impotenti.
È intensa, sproporzionata agli eventi, ha una durata ed un’intensità eccessive, è difficile da controllare e anche se talvolta se ne colgono le origini, questo disagio influenza in maniera consistente la propria vita. Spesso interferisce con lo svolgimento dell’attività lavorativa, in quanto insorgono continue preoccupazioni e dubbi assillanti (Ho pensato proprio a tutto? Sarò all’altezza del compito?…), oppure può influenzare il rapporto con gli altri e diventare motivo di apprensione, fin quando sarà sempre più difficile godere della compagnia delle persone.

L’ansia patologica, assume inoltre caratteristiche auto-invalidanti, per cui l’individuo perpetua comportamenti disadattivi per lunghi periodi di tempo, spesso giudicati dalla persona stessa come irrazionali e inadeguati. In tal caso, l’ansia diviene sia la causa, sia la conseguenza del nostro malessere.

Cosa fare quando l'animo si agita troppo?

Spesso chi soffre a causa di un disagio ansioso si rivolge in prima istanza al medico di base, nella speranza di essere aiutato a “liberarsi” da questa zavorra che limita pesantemente la propria vita. I farmaci in realtà possono offrire un sollievo, ma raramente sono da soli risolutivi.
Essi possono attenuare le componenti fisiologiche dell’ansia, tuttavia, in assenza di una rielaborazione, le cause più profonde dell’ansia e le modalità di risposta con cui affrontiamo gli stimoli per noi ansiogeni, rimangono immodificati.

È importante ricordare che un’ansia intensa può essere il segnale di una problematica più profonda che necessita di essere compresa. L’ansia è un “segnale d’allarme” che invita a fermarsi.
Per questo motivo, chi soffre d’ansia può trarre beneficio da un percorso di psicoterapia eventualmente affiancato da un intervento farmacologico. Quest’ultimo può favorire una comprensione più profonda del proprio disagio, stabilendo dei nessi tra il vissuto ansioso e le condizioni interne che lo generano e favorendo l’individuazione di meccanismi di risposta più adattivi e funzionali e che possono riportarci ad uno stato di benessere.

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