Ognuno di noi guarda la vita e il futuro in un modo diverso. Alcuni di noi vivono con preoccupazione ed ansia, focalizzano la propria attenzione sulle difficoltà incontrate o da affrontare, piuttosto che sulle gioie e i successi ottenuti; queste persone sono i cosiddetti pessimisti. Altri invece tendono a valutare la vita con serenità ed entusiasmo, considerano le difficoltà come opportunità di crescita, più che come insidie e ostacoli insormontabili; questi ultimi sono gli ottimisti.
In generale possiamo affermare che:
Gli effetti negativi del pessimismo e delle emozioni correlate (rabbia, ansia, depressione…) sulla nostra salute sono facilmente riconoscibili, ma se è vero che uno stato cronico di sofferenza psicologica è tossico per il nostro organismo e la nostra mente, è anche vero che le emozioni opposte possono avere un effetto tonificante. Con questo non voglio affermare che l’ottimismo e le emozioni positive (la gioia, l’entusiasmo, la curiosità…) o una semplice risata cambierà il decorso della nostra giornata.
Diversi studi hanno messo in luce che i pessimisti più facilmente si arrendono di fronte alle difficoltà, hanno meno successo nel lavoro, cadono più spesso in depressione e si ammalano più facilmente. Al contrario le persone ottimiste rendono meglio nello studio, nel lavoro e nello sport. Inoltre sembra che gli ottimisti siano più abili nei test attitudinali e tendano ad essere scelti più spesso dei pessimisti quando concorrono a cariche dirigenziali. Infine si è rilevato che le persone ottimiste godano di uno stato di salute buono: infatti sembra che il loro sistema immunitario sia più efficiente e risentono meno dei consueti malanni fisici.
In uno studio (Goleman, 2011) venne valutato il livello di ottimismo o pessimismo di 122 uomini sopravvissuti ad un attacco di cuore. Otto anni dopo dei 25 uomini più pessimisti, 21 erano morti; dei 25 più ottimisti ne erano morti solo 6. La loro predisposizione mentale fu rivelatrice della loro possibilità di sopravvivenza più di qualunque altro fattore di rischio medico.
Per rispondere a queste domande farò riferimento agli studi di Martin Seligman (1996) che è un autorevole studioso del settore.
Seligman sostiene che alla base dell’ottimismo e del pessimismo ci sono due elementi:
Le persone che si vivono come impotenti saranno, con maggiore probabilità, più pessimiste delle persone che, al contrario, credono di poter modificare circostanze ed eventi così da raggiungere obiettivi e successi desiderati.
Tuttavia la percezione di sentirsi impotenti o meno, cioè capaci di controllare ciò che ci accade o meno, si costruisce sulla base di come ciascuno si spiega gli eventi negativi o positivi con cui ha a che fare nella vita.
Seligman ritiene che ciascuna persona abbia un proprio stile esplicativo, cioè una propria modalità di interpretare le cause degli eventi: tale modalità si origina dalla visione che ciascuno ha del proprio posto nel mondo, dal percepirsi come persona degna di valore e meritevole oppure indegna e immeritevole. Nel primo caso avremo facilmente a che fare con una persona ottimista, nel secondo con una pessimista.
Nello specifico lo stile esplicativo è caratterizzato da tre dimensioni cruciali:
Possiamo quindi affermare che ottimisti o pessimisti non si nasce, ma lo si diventa. Secondo Seligman, l'ottimismo può essere appreso e, con sollievo di tutti i pessimisti, anch'essi possono sperare di diventare un giorno ottimisti, ma solo dopo aver imparato una serie di abilità, come il modo soggettivo di interpretare gli eventi, l’ottimismo quindi si può apprendere con l’esercizio e la flessibilità di pensiero.
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L’ottimismo è l’attitudine a giudicare favorevolmente lo stato e il divenire della realtà e della vita. Il pessimismo è l’atteggiamento costante e sistematico di sfiducia nei confronti della realtà e della vita.