Dott.ssa Noemi Di Lillo Psicoterapeuta Roma

Dott.ssa Noemi Di Lillo Psicoterapeuta Roma

Siamo i soli depositari della nostra felicità

Sono Noemi Di Lillo, Psicologa Clinica e Psicoterapeuta, iscritta all'Albo degli Psicologi e degli Psicoterapeuti del Lazio n 17119.

Lavoro presso lo "Studio di Psicoterapie e Supporto Psicologico" sito a Roma, in via Ludovico di Breme 11, zona Talenti - Monte Sacro.

Nella pratica clinica mi occupo di Psicoterapia per Adulti e Bambini, Consulenze e Sostegno Psicologico.

I principi guida che seguo nel mio lavoro sono la costruzione di un intervento centrato sulla persona, co-creatrice delle modalità di intervento e responsabile del proprio processo di cambiamento, il rispetto della libertà di ciascuno e della sua responsabilità nei confronti di sè e degli altri. Secondo la mia visione, la psicoterapia consiste nella riattivazione delle risorse e delle potenzialità che, per ragioni legate alla propria storia di vita, rimangono inespresse e oscurate.

Credere e sperimentare nel contatto quotidiano, che ogni persona abbia potere ridecisionale su di sè, mi sostiene e mi accompagna con fiducia in questo lavoro, mi conduce a scoprire e valorizzare la ricchezza interiore e personale che c'è in ognuno di noi. Credo nell'indiscutibilità dei valori della singola persona, che ci mettono nella condizione di essere gli unici responsabili delle nostre scelte e quindi depositari della nostra felicità.

URL del sito web: http://www.noemidilillo.it

La psicoterapia è un intervento che mira ad aiutare una persona che si trova in un momento di crisi o di sofferenza e non riesce a capire quale sia la causa di questo stato o come trovare sollievo per ristabilire equilibrio nella propria vita.

La psicoterapia è, dunque, uno spazio di ascolto e di sostegno nel quale il terapeuta lavora con il cliente per individuare la problematica centrale che crea malessere, promuovendo strategie per accrescere il benessere e migliorare la qualità della vita. Il trattamento psicoterapeutico è finalizzato al conseguimento della migliore realizzazione di se stessi, delle proprie capacità e potenzialità; all’aumento della conoscenza di sé e l'accettazione dei propri limiti; alla riduzione della sofferenza psicopatologica.

La psicoterapia è un percorso che può essere intrapreso anche da persone che non soffrono di un disagio in particolare, ma che hanno il desiderio di imparare a conoscersi e rendersi più consapevoli di alcuni aspetti di sé.

Lo strumento fondamentale per ogni tipo di relazione è la comunicazione. Ma come comunichiamo ai nostri cari? Come mai a volte ci arrabbiamo o siamo a disagio parlando di cose futili?

Vediamo un esempio

Il marito con voce dura e le sopracciglia inarcate: “Dove sta la mia camicia?”
La moglie con voce lamentosa, stringe le spalle, alza le sopracciglia e dice: “L’ho messa nel tuo cassetto!
Nelle transazioni possiamo individuare sempre due livelli di comunicazione: uno sociale (ciò che le persone dicono) ed uno psicologico (ciò che le parole sottendono, i “messaggi nascosti”).

In questo esempio il livello psicologico potrebbe essere espresso in questo modo:
Marito: “Tieni sempre le mie cose in disordine?
Moglie: “Tu mi critichi sempre ingiustamente!
Quasi sempre la nostra reazione emotiva e comportamentale risponde al livello psicologico della transazione. Lo psicologo canadeseEric Berne (1971) afferma che ciò che avviene in seguito ad uno scambio tra due persone è sempre determinato dai “messaggi nascosti” nella comunicazione.

Ma come possiamo capire questi messaggi nascosti?

Berne parlava di un piccolo omino che venuto da Marte scende sulla terra ad osservare le cose terrene. Questo omino non ha alcun preconcetto su cosa intendono significare le nostre comunicazioni ed osserva semplicemente come comunichiamo, poi nota i comportamenti che ne seguono.

Se ci capita di sentirci a disagio o arrabbiati o delusi mentre parliamo con una persona, possiamo provare ad essere questo piccolo marziano, in modo da capire cosa la persona ci sta comunicando e cosa noi stiamo comunicando all’altro.
Per “pensare marziano” è fondamentale osservare i segnali non verbali che ritroviamo nel tono di voce, nei gesti, nell’atteggiamento corporeo, nella respirazione, ecc.
I bambini piccoli leggono intuitivamente questi segnali, tuttavia, crescendo veniamo educati a cancellare questa nostra intuizione (“Non è educato
 guardare fisso la gente mentre parla”). In un certo senso dovremmo ri-esercitarci a notare questi segnali che a volte sono addirittura contrari ai nostri messaggi verbali.

Al fine di mantenere una comunicazione fluida è importante mantenere le transazioni parallele. Ma che sono le transazioni parallele?
Peter con voce pacata e gentile chiede: “Ti andrebbe di passare a prendermi alle 20?”Andy con volto sereno risponde: “Va bene, a piùtardi”
Nelle transazioni parallele i protagonisti rispondono al livello sociale della transazione e i segnali corporei confermano i messaggi verbali della comunicazione.

Invece nelle transazioni complementari le persone rivestono due ruoli, complementari appunto, tipo “genitore-bambino”, “persecutore-vittima”.
Ad esempio il Capo rimprovera e critica Mary, la quale si scusa mortificata. Questo tipo di transazioni sono prevedibili e possono continuare senza fine.
Capo: “Questa lettera la dovevi scrivere su un foglio di carta più piccolo, ti avevo detto di farti un promemoria”
Mary con tono sottomesso: “Ho sbagliato, mi dispiace, in questi giorni ho avuto tanto da fare”

Infine nelle transazioni incrociate si assiste ad una interruzione della comunicazione ed una o entrambe le persone dovranno cambiare il proprio “stato” affinché la comunicazione possa proseguire.
Peter con voce pacata chiede: “Che ore sono?”
Andy si alza, aggrotta le ciglia e dice: “Sei sempre in ritardo!”
In questo tipo di transazione Peter pone una domanda da uno stato che potremmo definire “Adulto” ed Andy risponde da uno stato “Genitore Critico”. I due protagonisti, dunque, non condividono lo stesso “stato” ed è molto probabile che la comunicazione converga in argomenti diversi dallo stimolo di partenza.

Ma quindi esistono transazioni “buone” e “cattive”? In realtà no.

Utilizzare una transazione incrociata, ed esempio, potrebbe essere molto utile nel caso in cui il vicino di casa abbia deciso di raccontarci la sua vita sulla porta dell’ascensore, oppure se Mary decidesse di interrompere la catena comunicativa con il suo Capo, potrebbe incrociare la transazione dicendo:
Mary: “Mi dica per favore su che tipo di carta vuole queste lettere in futuro”.

Ed infine potrebbe essere piacevole utilizzare una transazione complementare con il proprio compagno:
John buttandosi sulla poltrona: “Sono proprio stanco! Me lo faresti un massaggio?”
June con tono carezzevole: “Certo, arrivo subito”.

Secondo Stephen Karpman (1971) possiamo sempre scegliere nuovi modi di comunicare così da interrompere il nostro modo abituale di reagire agli altri. Ogniqualvolta ci sentiamo bloccati mentre comunichiamo, possiamo provare a riflettere su quanto accaduto “come omini venuti da Marte” e scegliere di volta in volta che tipo di transazione utilizzare.

È davvero giustificata l’enfasi con cui si sottolinea l’effettivo aumento della depressione negli indici epidemiologici?

Il termine depressione ha molti significati. 
La depressione, intesa come umore o stato emotivo, fa parte della normale esperienza umana. La distinzione tra umore depresso e depressione clinica, però, non è sempre chiara. Solo una ristretta minoranza di persone presenta sintomi depressivi tali da corrispondere ad un disturbo clinico, molto più numerose sono le persone che fanno esperienza di uno stato d’umore depressivo.
Circa il 40% della popolazione riferisce di aver provato nel corso della propria vita sentimenti di depressone, delusione e infelicità.

Ciascuno di noi aspira a vivere la propria vita con gioia e gratificazione, realizzando non solo il benessere fisico ma soprattutto quello interiore. Tuttavia, la nostra esistenza è segnata da momenti di dolore e questo è inevitabile.
La vita comporta delusioni, fatiche, perdite.
A molti di noi è capitato di perdere una persona cara, di concludere una storia d’amore, di perdere il proprio lavoro o uno status sociale: sono tutti eventi che segnano una crisi nel nostro equilibrio interiore e mettono in discussione i nostri valori.

C’è bisogno di tempo per assimilare le perdite e i grandi cambiamenti: i movimenti psichici richiedono gradualità e una certa lentezza.

Quando parliamo di depressione clinica ci riferiamo a sentimenti di mortificazione, inadeguatezza, fallimento, disperazione, colpa che perdurano nel tempo e che nel tempo possono offuscare il piacere della vita.
Chi soffre di depressione presenta un abbassamento nel tono dell’umore e una riduzione delle spinte vitali. Vengono meno la fiducia nelle proprie risorse e la speranza nel futuro. Attività quotidiane che un tempo erano naturali e fonte di piacere, come accudire i figli, investire nei rapporti sociali, lavorare, fare sport, possono diventare talvolta impossibili.
Il mondo sbiadisce e insieme la voglia di parteciparvi. Tutto sembra rallentare: il proprio corpo, lo scorrere dei pensieri e delle parole, il tempo vissuto.

Tutto questo genera inquietudini e vissuti di ansietà che non danno pace.
Altre volte, la sofferenza può mascherarsi in un corpo “sofferente”, compaiono quindi dolori diffusi, mancanza di appetito, disturbi del sonno, cefalee o preoccupazioni consistenti rispetto alla salute fisica.
La depressione clinica è quindi caratterizzata da una significativa accentuazione nell’intensità, pervasività e durata di emozioni e sentimenti altrimenti normali nella vita di ognuno di ciascuno di noi (“mi sento giù“, “oggi ho un umore nero“, “mi sento afflitto edeluso“).

Credo di essere depresso, cosa devo fare?

Tanti sono i fattori che possono dare origine a questa forma di sofferenza. È importante innanzitutto riconoscere la depressione come una patologia.

I farmaci per quanto efficaci su molti sintomi depressivi, non sono risolutivi, in quanto non agiscono sui fattori profondi che portano una persona a ripiegare nella depressione.
Questi aspetti inconsci sono meglio affrontabili con un percorso di psicoterapia. Quest’ultima in particolare può offrire uno spazio di accoglienza e riconoscimento dei propri vissuti, che sostiene la persona in un percorso di conoscenza di sé volto a mettere in parola quel dolore tanto ingombrante e per riaccendere quella scintilla di vita che sembra momentaneamente perduta.

Nella società odierna l’ansia fa ampiamente parte della vita quotidiana di ognuno di noi.
Viviamo in un mondo in cui i cambiamenti si susseguono rapidi, ogni giorno si scoprono nuovi rischi, pericoli, malattie, ogni giorno si sente parlare di “crisi”: nell'economia, nei valori di riferimento, crisi che investe la famiglia e le nuove generazioni, crisi nella rappresentazione del futuro. Insomma, molto più che in passato, il clima sociale sembra alimentare una certa quota di ansietà.
Tuttavia, ciò non basta per spiegare come mai ci può capitare di vivere periodi della nostra vita in uno stato di forte ansia.

Le nostre emozioni, infatti, rispondono sempre a logiche soggettive e spesso hanno radici profonde nella psiche e nella storia di ognuno di noi. Ansia ed inquietudine, in particolar modo, sono emozioni che possono aumentare sotto il peso dei conflitti e degli eventi dolorosi della propria vita.
Chi soffre d’ansia può avere difficoltà ad addormentarsi, si sveglia nel corso della notte e al mattino si alza con una sensazione di spossatezza.
Così, una forte ansia può diventare estenuante, tanto da generare sintomi tipici dello sfinimento, quali: tensione, infelicità, inattività, cefalea, dolori agli arti o alla schiena, tensione muscolare, tachicardia.

Il disturbo più costante e spiacevole spesso concerne proprio il sonno. Tutti questi sintomi possono naturalmente essere mutevoli e possono alternarsi a momenti di maggior benessere e ottimismo.
È importante, allora, saper distinguere tra l’ansia “normale” e l’ansia “patologica”.

Ansia "normale"

L’ansia “normale” è transitoria e proporzionata agli eventi, non incide sulla salute fisica e mentale, permette anzi un miglior adattamento, in quanto informa l’individuo sui pericoli a cui potrebbe andare incontro e lo indirizza nella ricerca di soluzioni adeguate al contesto. L’ansia “normale” è costruttiva: è una fonte di curiosità, intelligenza, apertura al mondo, provoca uno stato di tensione psicologica che aiuta la persona ad attivare risorse e capacità operative finalizzate alla risoluzione di un problema.
Nei casi in cui l’individuo non riesce a trovare soluzioni adattive per fronteggiare situazioni sconosciute o potenzialmente pericolose, l’ansia può perdere le sue caratteristiche funzionali ed assumere un carattere patologico, determinando vissuti di impotenza e di passività nel controllo delle proprie emozioni.

Dunque, un criterio differenziale tra la “normale” reazione ansiosa e l’ansia “patologica” è rappresentato dal fatto che la prima amplifica le capacità operative del soggetto, mentre la seconda le disturba inibendole e influendo negativamente sulle prestazioni.

 Ansia "patologica"

L’ansia “patologica” costituisce spesso un freno: paralizza, blocca, fa sentire impotenti.
È intensa, sproporzionata agli eventi, ha una durata ed un’intensità eccessive, è difficile da controllare e anche se talvolta se ne colgono le origini, questo disagio influenza in maniera consistente la propria vita. Spesso interferisce con lo svolgimento dell’attività lavorativa, in quanto insorgono continue preoccupazioni e dubbi assillanti (Ho pensato proprio a tutto? Sarò all’altezza del compito?…), oppure può influenzare il rapporto con gli altri e diventare motivo di apprensione, fin quando sarà sempre più difficile godere della compagnia delle persone.

L’ansia patologica, assume inoltre caratteristiche auto-invalidanti, per cui l’individuo perpetua comportamenti disadattivi per lunghi periodi di tempo, spesso giudicati dalla persona stessa come irrazionali e inadeguati. In tal caso, l’ansia diviene sia la causa, sia la conseguenza del nostro malessere.

Cosa fare quando l'animo si agita troppo?

Spesso chi soffre a causa di un disagio ansioso si rivolge in prima istanza al medico di base, nella speranza di essere aiutato a “liberarsi” da questa zavorra che limita pesantemente la propria vita. I farmaci in realtà possono offrire un sollievo, ma raramente sono da soli risolutivi.
Essi possono attenuare le componenti fisiologiche dell’ansia, tuttavia, in assenza di una rielaborazione, le cause più profonde dell’ansia e le modalità di risposta con cui affrontiamo gli stimoli per noi ansiogeni, rimangono immodificati.

È importante ricordare che un’ansia intensa può essere il segnale di una problematica più profonda che necessita di essere compresa. L’ansia è un “segnale d’allarme” che invita a fermarsi.
Per questo motivo, chi soffre d’ansia può trarre beneficio da un percorso di psicoterapia eventualmente affiancato da un intervento farmacologico. Quest’ultimo può favorire una comprensione più profonda del proprio disagio, stabilendo dei nessi tra il vissuto ansioso e le condizioni interne che lo generano e favorendo l’individuazione di meccanismi di risposta più adattivi e funzionali e che possono riportarci ad uno stato di benessere.

La consulenza psicologica è un intervento breve con obiettivi specifici, rivolto alla promozione del benessere piuttosto che al disagio o ad un disturbo. Rappresenta, quindi, un supporto limitato nel tempo che pone al centro dell’attenzione l’analisi di una situazione problematica attuale, che può essere di natura affettiva, sociale, lavorativo, famigliare…

La consulenza psicologica non è una forma di psicoterapia, da essa infatti differisce per obiettivi, modalità di attuazione, tempi e metodi. L’obiettivo principale della consulenza psicologica è accrescere il benessere e migliorare la qualità della vita della persona, attraverso lo sviluppo dell' autoconsapevolezza, l’accettazione delle emozioni, la crescita e l’incremento delle risorse personali. Il ruolo dello psicologo è quello di facilitare il lavoro della persona in modo da rispettarne i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione, al fine di “aiutarla ad aiutarsi”.

In occasione del Mese del Benessere Psicologico parteciperò attivamente anche io con consulenze gratuite che si possono prenotare sul sito.

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